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Circuiti stampati a basso costo

Qualche anno fa scrissi su Fidonet un testo che spiegava come prodursi in casa circuiti stampati con la fotoincisione utilizzando procedure e materiali ultra-economici. Ora ho "ripulito" e corretto tale testo convertendolo in HTML. Se volete conservarlo per leggervelo con comodo, utilizzate l'opzione "salva" del vostro browser.


1. Premesse e considerazioni legali

  1. Il sistema non è né infallibile né particolarmente preciso, specie le prime volte che viene applicato: la sua estrema economicità si paga con un tempo di apprendimento durante il quale si potrebbero incontrare molte difficoltà. Sarà molto difficile che i primi CS che producete vengano perfetti da subito. L’importante è non scoraggiarsi.

  2. Il sistema è sostanzialmente innocuo, ma in ogni caso è necessario avvertirvi che dovrete utilizzare alcune sostanze chimiche potenzialmente tossiche e/o aggressive come la soda caustica (NaOH, idrossido di sodio), il cloruro ferrico e lo spray photoresist. Tutte sostanze da tenere molto lontane dalla portata dei bambini, che facciate o meno dei circuiti stampati. Ovviamente non mi assumo nessuna responsabilità di quello che potrebbe succedere maneggiando tali sostanze per applicare le indicazioni di questo documento.

2. Qualche nota sulla fotoincisione

La tecnica illustrata in questo documento è quella della fotoincisione. Essa è una procedura non molto diversa da quelle usate per sviluppare le foto: una basetta ramata viene ricoperta da un sottile strato di materiale sensibile ai raggi ultravioletti (il photoresist). Appoggiando sulla basetta un "negativo" opportunamente opacizzato nei punti giusti (il master) ed esponendo il tutto ai raggi ultravioletti, lo strato fotosensibile si "impressionerà" nei punti non coperti dalle parti opache del master. Immergendo poi la basetta così ottenuta in una particolare soluzione di sviluppo, le parti impressionate verranno rimosse e rimarrà impressa soltanto la traccia del circuito stampato. Dopodiché si potrà asportare il rame residuo (non coperto dal photoresist) con il cloruro ferrico.
Esistono due diverse tecniche di fotoincisione, che si avvalgono di due tipi diversi di photoresist: quello positivo e quello negativo. Il photoresist positivo si impressiona quando è esposto ai raggi ultravioletti, mentre quello negativo è già impressionato normalmente e si "deimpressiona" quando è esposto agli ultravioletti. Nei due casi quindi occorre utilizzare dei master "opposti": con il photoresist positivo occorrerà coprire le porzioni della basetta che si desidera che "restino" (piste, piazzole e così via), mentre con il photoresist negativo si dovrà fare l’esatto contrario. Nella stragrande maggioranza dei casi le riviste forniscono i disegni dei master "in positivo", con le piste nere e gli spazi vuoti bianchi; quindi anche io userò il photoresist positivo.

3. La produzione passo per passo

Il punto di partenza è il possesso del master su carta bianca del circuito stampato che volete produrre, cioè il "disegno" delle piste (possibilmente ad alto contrasto, ossia con le piste di colore molto scuro). Se volete stampare un circuito a doppia faccia, ovviamente vi servono i master di entrambe le facce.
Una volta che avete il/i master su carta potete applicare in sequenza i punti esposti qui sotto. Alla fine di ogni punto ho riportato una breve nota per i circuiti stampati a doppia faccia, che necessitano di qualche accorgimento aggiuntivo.

  1. Acquisto o produzione della "basetta sensibilizzata"

    Come già spiegato nel capitolo 2, per eseguire la fotoincisione è necessaria una basetta ramata su cui sia depositata una sottile pellicola di photoresist. In commercio si trovano abbastanza facilmente le basette già pronte (presensibilizzate), anche se il prezzo è molto variabile da un commerciante all’altro. I posti dove si trovano ai prezzi migliori – ma dove si possono prendere anche più bidoni - sono sicuramente le fiere di elettronica. Lo strato fotosensibile è generalmente protetto da un’etichetta opaca che dovete togliere appena prima di usare la basetta.
    Se non trovate la basetta già sensibilizzata, dovrete produrla voi stessi usando il cosiddetto "spray photoresist" (io ad esempio uso il Positiv 20 della Kontakt Chemie, prezzo attorno alle 10.000 L. per una bomboletta piccola). Si spruzza sulle normali basette ramate e si lascia seccare, seguendo attentamente le indicazioni e avvertenze riportate sul foglietto di istruzioni.
    Se potete, vi consiglio vivamente di utilizzare le basette presensibilizzate; il risultato sarà molto migliore. Se proprio volete o dovete rovinarvi la vita con lo spray photoresist, seguite attentamente questi suggerimenti:

    • Prendete una basetta di dimensioni superiori a quelle del circuito o dei circuiti che volete stampare. Spruzzando il photoresist a mano è del tutto normale (anzi, inevitabile) che si formino degli addensamenti in prossimità dei bordi della basetta; tali addensamenti con tutte le probabilità resisteranno fino alla fine del processo, lasciando delle strisce di rame attorno allo stampato (strisce che dovrete eliminare, ovviamente). Una volta presa la mano nello spruzzaggio riuscirete a ottenere delle strisce molto strette. Per i primi tempi invece vi consiglio di abbondare con 1-2 cm per ciascun bordo del CS;

    • Sgrassate per bene la superficie ramata della basetta prima di utilizzarla. Va bene anche un prodotto abrasivo, l’importante è che sia ben pulita, asciutta e priva di pelucchi;

    • Assicuratevi che la basetta sia perfettamente in piano, altrimenti lo spray tenderà a addensarsi su un bordo o un angolo;

    • La cosa più difficile è spruzzare la basetta in modo che il photoresist si depositi in modo uniforme. Tenete la bomboletta relativamente lontana dalla scheda (diciamo 30 cm), in modo che la spruzzata "cada" su di essa e non la colpisca violentemente; procedete velocemente a zigzag da un angolo della basetta a quello opposto. Da notare che mentre si spruzza non si ha un’idea molto precisa di quanto spray si stia depositando effettivamente (subito si dispone in modo irregolare). Di solito sembra sempre di averne spruzzato poco, invece in realtà basta una passata molto "rapida";

    • Spruzzate in un ambiente molto pulito, e subito dopo averlo fatto coprite la basetta mettendola in una scatola o qualcosa di simile. Lo spray prima di seccarsi attira voracemente le particelle di polvere, che rendono irregolare la distribuzione del photoresist generando delle specie di "crateri";

    • Lasciate asciugare lo spray per un tempo sufficientemente lungo. Il photoresist non completamente secco è instabile e non funziona bene. A temperatura ambiente (25 ° C) impiega più o meno 24 ore per asciugarsi, in forno a bassa temperatura nemmeno un’ora. Una via di mezzo può essere quella di mettere la basetta in una scatola dipinta di nero sigillata molto bene ed esporre quest’ultima alla luce solare per qualche oretta. È il procedimento che uso io. La scatola deve essere sigillata bene perché non deve fare entrare la luce del sole, che danneggerebbe lo strato fotosensibile;

    • Dopo 20-30 minuti che avete spruzzato il photoresist, date un’occhiata alla basetta. Se notate che non è venuta molto bene (molti pelucchi, zone estese in cui c’è troppo/poco photoresist, ecc.) non fatevi delle illusioni e rifate tutto dall’inizio: risparmierete un sacco di tempo. Per eliminare i residui di photoresist dalla basetta potete usare l’acetone (per certi tipi di photoresist va bene anche l’alcool);

    • Lo strato di photoresist è molto sensibile alla luce del sole e moderatamente sensibile alla luce sintetica gialla o bianca (soprattutto quella dei neon). Non esponetela a tali fonti luminose per periodi prolungati;

    • Se producete (o comprate) le basette sensibilizzate per utilizzarle in un secondo tempo, una volta che sono asciutte riponetele in un posto fresco e buio (io le tengo in frigo).

    Basette a doppia faccia: seguite tutto ciò che ho detto per entrambe le facce, prima una e poi l’altra. Attenzione a non sporcare la prima faccia mentre spruzzate la seconda!

  2. Preparazione del master

    Con "master" intendo il disegno della traccia rame del circuito, che userete a mo' di "pellicola" per impressionare la basetta. Esistono diversi modi per produrre il master:

    • (metodo ideale) Nella remota eventualità che sia fornito assieme alla vostra rivista di elettronica preferita, potreste avere già pronto il master su acetato (molti anni fa Fare Elettronica lo faceva; ora non sono molto aggiornato sulle riviste di elettronica, ma temo che non ci sia più nessuno così generoso). In questo caso vi schiverete un sacco di rogne e otterrete un circuito stampato molto preciso e pulito: la produzione del master è probabilmente la fase che introduce piú imprecisioni.

    • (metodo ormai sconsigliato) Potete fotocopiare la traccia rame (precedentemente stampata su carta comune) su un foglio di acetato. Consiglio di usare un’ottima fotocopiatrice: andate in una buona cartoleria, meglio se una copisteria o uno studio eliografico. In ogni caso la qualità della fotocopia non sarà al livello dei master che trovate sulle riviste; se la osservate controluce noterete che il livello di opacità non è eccessivo. Io personalmente ho risolto il problema facendo tre copie identiche del master e sovrapponendole con la massima precisione, fermandole con qualche colpo di graffettatrice. Facendo in questo modo si ottiene ovviamente una definizione un po’ peggiore (scordatevi di fare le schede madri), ma un ottimo contrasto.
      Nota importante: le fotocopiatrici non sono per nulla fedeli, quindi le tre copie è meglio farle "in un colpo solo", preparando prima un foglio di carta su cui il master compaia in triplice copia e poi trasferendo su acetato questo singolo foglio. Se la traccia rame è troppo grande e non ci sta, fate un’unica triplice copia e non tre copie singole (ossia specificate "3 copie" sul pannello della fotocopiatrice, non premete tre volte il pulsante di stampa). Non so esattamente il motivo per cui vengano meglio, ma è un fatto appurato: se volete sprecare tre fogli di acetato, fate pure la prova comparativa.

    • (metodo consigliato) Al giorno d'oggi sia le stampanti laser che quelle inkjet sono capaci di stampare dei master discreti direttamente su acetato (attenzione: per le inkjet sono necessari dei fogli particolari, col lato di stampa più ruvido!). Io ho avuto una brutta esperienza con una inkjet dell'HP, ma dicono che le Epson stampino bene. In ogni caso, se avete una stampante laser o inkjet vale almeno la pena di provare. Vi consiglio di stampare la traccia rame "invertita", come se la guardaste dal lato componenti; questo vi permette di appoggiare il lato di stampa dell'acetato direttamente sulla basetta e di minimizzare l'effetto ombra (di cui parlerò anche più avanti).

    • (metodo sperimentale) C'è chi è andato ancora più in là, e oltre ad utilizzare la stampante produce i master su carta comune, confidando sul fatto che le "parti nere" blocchino i raggi UV molto meglio delle "parti bianche"! Anche in questo caso è meglio stamparli invertiti, per il motivo già citato; inoltre i tempi di esposizione si allungheranno in modo considerevole rispetto a quelli necessari con l'acetato (da tre a cinque volte).


    Basette a doppia faccia: qualunque sia il metodo che utilizzate, è opportuno produrre contemporaneamente entrambe le facce, per mantenere la fedeltà fra di esse. Infatti sia le stampanti che (soprattutto) le fotocopiatrici hanno delle tolleranze di stampa che potrebbero risultare inaccettabili per ciò che dovete fare.

  3. Esposizione della basetta fotosensibile

    Una volta che avete la basetta sensibilizzata e il master, potete impressionare la prima tramite un metodo simil-fotografico usando il secondo come "pellicola".
    Se aveste un sacco di soldi e molta fretta potreste anche comprarvi un bel bromografo, un aggeggio fatto apposta per questi scopi. Il metodo che vi espongo ora è nettamente più economico e qualitativamente identico; l’unico inconveniente è che il tempo di esposizione si allunga di un ordine di grandezza (da qualche centinaio di secondi col bromografo a qualche decina di minuti con questo).
    Innanzi tutto dovete comprare una lampadina solare con potenza attorno ai 60W. Sono quelle col vetro blu/azzurrato, si usano spesso come lampade da lettura (forse hanno anche un lieve potere abbronzante). Si trovano comunemente anche nei supermercati e costano attorno alle 5000 L. Non stressate i commessi parlandogli di fotoincisione o raggi UV, limitatevi a chiedere semplicemente una "lampadina solare". In passato ho dovuto convincere più di una persona del fatto che le lampadine solari siano perfettamente idonee per la fotoincisione; ciò non è molto sbandierato dai venditori di materiale elettronico per un motivo molto semplice: le lampadine solari costano pochissimo, quindi è molto più redditizio vendere i bromografi o i tubi al neon UV/Wood...
    Oltre alla lampadina solare, vi serve una lampada da tavolo snodabile dotata di riflettore. È probabile che ne abbiate già una in casa, ma nel caso che non la aveste vi consiglio di comprarla: è molto comoda e inoltre è importante che la lampada che usate abbia il riflettore, per concentrare meglio i raggi luminosi sulla basetta.
    Appoggiate il master sulla parte fotosensibile della basetta; se avete stampato il master "al contrario" esso va posto al contrario anche sulla basetta, con la faccia stampata appoggiata a contatto col photoresist. Se avete spruzzato voi stessi il photoresist fate attenzione agli addensamenti nei bordi e ai "puntini" di polvere; se poi avete unito le fotocopie con delle graffette fate anche attenzione che esse rimangano fuori dall’ingombro della basetta, o vi daranno alcune noie.
    Una volta che avete disposto il master, fate in modo che esso aderisca perfettamente alla basetta appoggiandovi sopra una lastra di vetro (magari appesantita da alcuni libri posti alle sue estremità). Potete usare un ritaglio di vetro preso direttamente in una vetreria, vi costerà poche migliaia di lire. Il vetro è molto importante, perché se fra il master e la basetta resta un interstizio troppo grosso potreste avere un problema di "ombra" durante l’esposizione: le piste risulteranno sfocate, quando ve ne accorgerete sarà già troppo tardi e dovrete rifare tutto da capo. Questo è un problema di particolare rilevanza soprattutto se avete prodotto il master usando il secondo metodo spiegato nel paragrafo precedente, ossia quello della fotocopiatrice: in questo caso avete ben tre fogli sovrapposti, due dei quali sono piuttosto distanti dalla basetta. Comunque è meglio mettere il vetro anche nel caso "migliore", ossia quello che abbiate stampato il master invertito per ridurre al minimo le ombre.
    Sistemato il vetro, arriviamo al fulcro di tutto il procedimento: l’esposizione ai raggi UV. Ponete la lampada con lampadina solare sopra al sistema basetta-master-vetro in modo che la luce sia incidente, ossia perpendicolarmente a esso. La lampada deve essere posta "a una certa distanza" dalla basetta e deve essere accesa "per un certo numero di minuti"; come prima volta potete provare una distanza di 15 cm e un tempo di 20 minuti (per i master su acetato) o di 50 minuti (per i master su carta). In generale questi dati sono piuttosto variabili e dipendono da tutti i fattori in ballo; dopo un po’ di prove ci si riesce a stabilizzare su valori precisi, ma in ogni caso nel prossimo capitolo propongo un metodo più o meno "scientifico" per trovare i tempi e le distanze di esposizione.

    Basette a doppia faccia: la faccenda si complica un po’, dato che è necessario che le due facce della basetta siano perfettamente allineate fra loro. Il metodo più semplice è questo: fate una copia su carta comune di uno qualsiasi dei due master, disponetela sulla basetta presensibilizzata facendo in modo che non si muova e poi fate dei fori in corrispondenza di qualche piazzola. Dopo questa operazione (e una delicata pulizia della basetta da eventuale polvere/trucioli della foratura) impressionate le due facce utilizzando i rispettivi master come vi ho spiegato per i circuiti a singola faccia; per l’allineamento dei due master basterà regolarsi con i fori che avete fatto precedentemente.

  4. Sviluppo della basetta impressionata

    Auspicabilmente, a questo punto dovreste avere una basetta impressionata correttamente, pronta per lo sviluppo. Se è andato tutto bene dovreste riuscire già a scorgere il disegno delle piste del CS in un colore lievemente diverso dal resto (in realtà è l’esatto contrario, sono le zone scoperte che hanno cambiato colore).
    Per produrre la soluzione di sviluppo dovete comprare della soda caustica (NaOH, idrossido di sodio), una sostanza che si trova comunemente nelle drogherie e nei negozi di casalinghi. Di solito la vendono a scaglie un tanto al Kg e non costa praticamente nulla.
    Sul Manuale del perfetto sviluppatore di circuiti stampati ™ troverete scritto che la soluzione di sviluppo deve essere prodotta sciogliendo esattamente 7 grammi di NaOH per ogni litro d’acqua. In realtà potete essere molto più elastici: non pensate nemmeno di mettervi a pesare le scaglie che buttate nell’acqua! Indicativamente un cucchiaio di scaglie per 1.5-2 litri d’acqua dovrebbe andare; in ogni caso queste sono tutte incognite che scoprirete con la pratica, avvalendovi anche del metodo sperimentale riportato nel prossimo capitolo.
    Il particolare davvero fondamentale è un altro: usate dell’acqua distillata. L’acqua potabile cittadina contiene sostanze (probabilmente il cloro) che inibiscono l’idrossido e ne rendono molto critico il dosaggio.
    Quando avrete lasciato sciogliere completamente la soda nell’acqua e il tutto sarà diventato una soluzione limpida e omogenea, potete iniziare a sviluppare la basetta. Questa è una fase in cui la manualità gioca un ruolo fondamentale. Innanzi tutto non è necessario che eseguiate lo sviluppo al buio, è una fase talmente breve che potete farlo tranquillamente con la luce artificiale. Immergete la basetta sensibilizzata e muovetela continuamente con una molletta, una pinza o ciò che volete. Se tutto va bene, dopo 15-30 secondi il disegno comincerà ad essere visibile. Ricordatevi che a volte il processo inganna: il film fotosensibile tende a rimanere "in loco" anche se è già stato aggredito con successo dalla soda e dovrebbe dissolversi nella soluzione. Io durante lo sviluppo estraggo periodicamente la basetta, la sciacquo e la pulisco con una salvietta di carta per sincerarmi dei reali risultati: una piccola abrasione può aiutarle il photoresist aggredito a venire via del tutto. Se non fate questa operazione vi può capitare di estrarre la basetta e vedere il disegno del master che scompare mentre la asciugate...
    Alla fine del processo sciacquate bene la basetta con acqua corrente.
    Una nota: le soluzioni di soda caustica molto concentrate hanno l’interessante proprietà di sciogliere la carne umana. Le concentrazioni che usiamo noi sono talmente basse che in pratica mettere le mani dentro alla soluzione di sviluppo o dentro all’acqua saponata è più o meno la stessa cosa (io lo faccio normalmente); mi andava comunque di avvertirvi.

    Basette a doppia faccia: è sufficiente soltanto un minimo di accortezza aggiuntiva. Non limitatevi a muovere la basetta nella soluzione di sviluppo, giratela anche: la faccia sottostante tende a corrodersi più velocemente.

  5. Incisione della basetta

    Arrivati a questo punto, ciò che avete è una basetta completamente ramata in cui la traccia del circuito è protetta da un sottile film di photoresist. Bene o male tutte le tecniche di produzione di circuiti stampati si riuniscono in questo punto: ora non resta che rimuovere il rame "scoperto" e il gioco è fatto.
    Questa operazione è già nota a molti. Ciò che forse non tutti sanno è che non è obbligatorio usare il percloruro ferrico: esistono diverse soluzioni alternative idonee alla corrosione del rame. La più "gettonata" è quella di utilizzare un composto di acido muriatico ed acqua ossigenata a molti volumi (100 o più), in parti che non ho ancora stabilito bene (così a occhio direi tre parti di acido e una parte di acqua ossigenata); rispetto al percloruro ha i seguenti vantaggi:

    • È estremamente più veloce. Se i componenti sono dosati correttamente, la corrosione può anche richiedere pochissimi minuti o addirittura secondi. Per contro, il percloruro è piuttosto lento e a temperatura ambiente il processo può anche richiedere delle ore.

    • Si può gettare tranquillamente nel water al termine del processo. Per contro, il percloruro é catalogato come "rifiuto tossico" e non si può disperdere nell'ambiente; l’idea migliore è quella di tenere un "bottiglione degli scarti" in cui versare di volta in volta il percloruro usato, per poi portarlo periodicamente agli organi di smaltimento competenti (se telefonate al vostro comune o alla nettezza urbana sapranno darvi tutte le informazioni necessarie).

    • È praticamente trasparente, e permette di verificare molto più facilmente lo stato di completamento del processo.

    • Probabilmente costa un po' meno.


    Ma ha anche i seguenti svantaggi:

    • È molto più pericoloso da maneggiare. Il percloruro si limita a macchiare terribilmente qualunque cosa, ma essendo un sale è sostanzialmente innocuo; l'acido muriatico e l'acqua ossigenata ad elevati volumi sono entrambi pericolosi anche singolarmente, e miscelati assieme lo diventano ancora di più. Sconsiglio vivamente ai più giovani e inesperti di usare questo metodo;

    • Sviluppa in grande quantità dei gas tossici quasi insopportabili, che rende necessario eseguire tutto il processo all'aperto. E in ogni caso non mi sentirei di consigliarlo a chi soffre di qualche disturbo respiratorio, perchè comunque in qualche momento si è obbligati a respirare almeno una piccola parte di esalazioni.


    Riassumerei il tutto in questo modo: se avete molta fretta, usate l'acido; altrimenti usate il percloruro. Se poi non avete un giardino, un balcone o comunque un luogo aperto in cui fare tutto agevolmente, siete obbligati a usare il percloruro. Attenzione, non provate nemmeno a usare l'acido in un luogo chiuso! Se ve lo dico è perchè ho verificato sulla mia pelle quanto siano insopportabili le esalazioni.

    Basette a doppia faccia
    : non è una buona idea lasciare la faccia inferiore a contatto con il fondo della bacinella, per motivi analoghi a quelli esposti nella parte di sviluppo. Conviene mettere uno spessore di qualche mm affinché il cloruro possa infiltrarsi anche sotto, e capovolgere periodicamente la basetta.

  6. Rifiniture

    Le rifiniture a cui sottoporre la basetta per renderla idonea al vostro scopo possono potenzialmente essere tante e complesse. In generale questo è il set minimo di cose da fare sempre:

    • Pulizia. Dopo la corrosione del rame ovviamente dovete sciacquare abbondantemente la basetta con acqua corrente (ricordate che il cloruro ferrico macchia terribilmente qualsiasi superficie, anche in piccole dosi; quindi non usate il vostro prezioso lavandino antico in porcellana). Poi è necessario rimuovere il photoresist rimanente con l’acetone;

    • Taglio e sbavatura. Dovete tagliare via ciò che non vi serve. Dico soltanto tre parole: forbici da lamiera. Vi permettono di ottenere buoni risultati e sono infinitamente più comode di qualsiasi sega/seghetto manuale. Le trovate in ferramenta, costano attorno alle 20.000 L ma ne valgono molte di più.
      Dopo avere tagliato la basetta è opportuno sbavarne i bordi (le forbici da lamiera possono lasciare piccole slabbrature qua e là) con carta vetrata grossa o una lima;

    • Foratura. I buchi devono essere fatti con l’apposito trapanino ad alta velocità (è sconsigliato l’uso di un trapano "grosso", a meno che non sia a colonna e impostato alla velocità di rotazione maggiore possibile). Il diametro delle punte va da 0.8 a 1 mm per i fori piccoli e da 1.2 a 1.5 per quelli più grossi.

    • Lucidatura e protezione. I perfezionisti possono anche lucidare la traccia in rame con della carta vetrata finissima (1000 o giù di lì) e/o spruzzare la basetta con uno spray antiossidante. Personalmente considero inutili o al limite dannose queste operazioni.

4. Ricerca dei parametri

Trovare il tempo di esposizione della basetta, la concentrazione di soda caustica e in generale tutte le variabili "aleatorie" del processo può diventare un’operazione molto lunga e incerta se dovete ricavarle ogni volta che producete una nuova basetta. Qui è proposto un metodo che attacca il problema alla radice, ricavando questi dati una volta per tutte.
Ricordate di scrivere e conservare gelosamente ogni dato che risulti "vincente" (tempi di esposizione, quantità di soda, ecc..). Dopo decine di tentativi sarete convinti di non dimenticarveli più per il resto della vostra vita, ma dopo un mese avrete già dimenticato tutto…
Il metodo si basa sulla costruzione di un "provino" impressionato con diversi tempi di esposizione. Questa è la sequenza passo-passo delle operazioni (nota: se usate i master su carta comune vi conviene "espandere" tutti i tempi riportati, almeno raddoppiarli):

  • Procuratevi una basetta presensibilizzata lunga e stretta (diciamo, così per fare un esempio pratico, 150x40 mm);

  • Suddividete con delle linee la basetta in una decina di "rettangoli" uguali (nel nostro esempio i rettangoli sarebbero di 15x40 mm). Le linee si possono tracciare facilmente con un righello e un coltellino o una penna;

  • Appoggiate la basetta su un piano e ponetegli sopra la lampada+lampadina solare scegliendo la distanza che più vi fa comodo, meglio se fra 10 e 30 cm (segnatevela, una volta che l’avrete scelta: userete sempre quella);

  • Coprite la basetta con un foglio di materiale opaco (plastica, cartone, ecc.) completamente eccetto un "rettangolino" più esterno, lasciato scoperto;

  • Accendete la lampada poi, a intervalli regolari, scoprite in sequenza sempre più rettangoli e alla fine lasciate impressionare la basetta completamente scoperta per 10-15 minuti. Se ad esempio scoprite un rettangolino ogni 3 minuti, al termine del processo disporrete di una basetta che contiene zone più e meno impressionate, secondo questo schema:

    -rettangolo 1: 37 minuti;
    -rettangolo 2: 34 minuti;
    -rettangolo 3: 31 minuti;
    -...
    -rettangolo 10: 10 minuti.

  • Avete costruito un "provino" di esposizione. A questo punto immergetelo in una soluzione di soda caustica (segnatevi la concentrazione che avete usato grosso modo) e guardate. Con i tempi di esempio esposti sopra, dovreste notare dei rettangoli in cui il film viene rimosso immediatamente, dei rettangoli in cui ci mette un po’ di tempo e dei rettangoli in cui non viene via per nulla. L’esposizione migliore è quella per la quale il photoresist viene via dopo 30-60 secondi, ma anche le esposizioni lievemente più prolungate possono andare bene. Evitate comunque le esposizioni per cui il photoresist viene via quasi subito.

5. Conclusioni

Con questo è veramente tutto. Spero di aver dato una mano a tutti quelli che vogliono fare CS con la fotoincisione ma hanno sempre creduto che fosse un’operazione difficile e costosa... io credo che il prezzo di tutta l’attrezzatura necessaria per il mio metodo non superi le 50.000 L. In barba a tutti i bromografi di questo mondo.